Infine mi venne a mente dimandarle ciò che io tanto agognava di conoscere, e le dico: Deh, cara Palestra, fammi vedere un incantesimo, o una trasformazione della tua padrona; chè io ho da gran tempo il desiderio di vedere una maraviglia di queste. O piuttosto, se tu sai farne, fa’ tu qualche magia, appariscimi or d’una or d’un’altra figura. Io credo che tu la dei conoscere quest’arte: e ciò non me l’ha detto nessuno, ma lo so da me; perchè io, che una volta ero di diamante, come mi dicevan le donne, che non ho mai fissato quest’occhi in viso a nessuna donna per amore, ora sono stato preso da te con quest’arte, e tu mi tieni prigione, e m’hai legata l’anima nella guerra amorosa. — Lascia gli scherzi, rispose Palestra: qual incanto può incantare Amore, che è signore dell’arte? Io, o amore mio, non ne conosco affatto: lo giuro per la vita tua, e per questo beato letto: perchè io non so di lettera, e la padrona è gelosa dell’arte sua. Ma se mi verrà un’occasione, tenterò di farti vedere la padrona quand’ella si trasforma. — E dopo queste parole ci addormentammo.
Indi a non molti giorni Palestra mi avvisa che la padrona deve trasformarsi in uccello per volarsene dal ganzo. Ed io le dissi: Ora è il tempo, o Palestra, di farmi il piacere di che ti pregai, di contentarmi di quell’antico desiderio. — Sta’ di buon animo, ella rispose: e poi che fu sera, mi piglia e mi mena alla porta della camera da letto della padrona, mi fa avvicinare a un bucolino della porta, e spiare che v’è dentro.
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Deh Palestra Palestra Amore Palestra Palestra
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