Ed ecco vedo la donna spogliarsi; e rimasta nuda prende due grani d’incenso, e li mette sul fuoco della lucerna, e stando così diceva molte parole alla lucerna: dipoi aperta una buona cassetta contenente molti bossoli, ne sceglie e ne cava uno, che conteneva non so che, ma all’aspetto pareva olio. Di questo si unge tutta quanta, cominciando dalle ugne dei piedi; e a un tratto le nascono le penne, il naso le si allunga in becco adunco, piglia ogni qualità ed aspetto d’uccello, diventa proprio un corvo notturno. E come si vide coperta di penne, con quel brutto crocciare che fanno i corvi, si levò e volossene per la finestra. Parendomi un sogno quello che vedevo, mi toccavo con le dita le palpebre, non credendo agli occhi miei che vedevano ed erano svegliati. Dopo un pezzo essendomi accertato che non dormivo, pregai Palestra che facesse nascere le penne anche a me, m’ungesse di quell’olio, e mi facesse volare: chè io volevo provare se trasformato in uccello si ritiene la conoscenza d’uomo. Ella apre la camera, e piglia un bossolo: io subitamente mi svesto, e mi ungo tutto, e non divento uccello, ma, misero me! m’esce una coda dietro, le dita se n’entrano non so dove, le cinque ugne diventano un’unghia sola, le mani e i piedi quattro piè d’un giumento, le orecchie lunghe, la faccia grande: mi guardo intorno, e mi vedo divenuto un asino. Voce d’uomo per lagnarmi con Palestra non aveva più; ma sporgendo il labbro inferiore, e sguardandola a guisa d’asino, io la rimproveravo come poteva, che ella invece di uccello mi aveva fatto asino.
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Palestra Palestra
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