E mentre pensavo che mangiare, vedo dietro la casa un orto con molti e belli erbaggi, e sopra questi comparivano alcune rose: onde io quatto quatto mentre tutti attendevano a desinare, men vo all’orto, sì per tormi una satolla di quegli ortaggi crudi, e sì per le rose: e pensavo, come mangerò di quei fiori tornerò uomo. Entrato nell’orto mi fo una scorpacciata di lattughe, di ravanelli, di sedani, e di altre erbe che l’uomo mangia crude; ma quelle rose non erano rose vere, erano fiori di lauro selvaggio, che gli uomini chiamano laurorosa, cibo nocivo ad ogni asino ed a’ cavalli, e si dice che, se ne mangiano, subito muoiono. In questa se n’accorge l’ortolano, piglia un randello ed entra nell’orto; e veduto il nemico e la rovina degli ortaggi, come sbirro che coglie un mariuolo, mi afferra e mi dà tante randellate pei fianchi e per la groppa, e sì mi spezzò le orecchie, e mi ammaccò la faccia, che io non potendone più trassi una coppia di calci, e lo distesi supino sull’erba; e ratto me la svignai verso la montagna. Come egli mi vide correre e scappare, gridò mi sciogliessero i cani appresso: i cani erano molti e grandi, e avriano combattuto con gli orsi. Pensai: se mi afferrano, mi sbranano: onde, fatto un un po’ di giro, giudicai, come si dice, meglio tornata che malandata. Tornai adunque indietro, e rientrai nella stalla. Essi, richiamati e legati i cani che mi erano corsi dietro, mi diedero tante bastonate, e non mi lasciarono se prima non mi fecero per il dolore cacciare di giù tutti gli ortaggi.
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