Una volta gli fu comandato di trasportare stoppa da un podere ad un altro: ei piglia me, fa un gran fascio di stoppa, me lo pone addosso, e con una forte fune lega ben bene me e la salma, apparecchiandomi un gran malanno. Stando per avviarci, ei piglia di soppiatto un tizzone ancora acceso dal focolare, e quando siam dilungati dal podere, lo ficca nella stoppa. Che poteva fare la stoppa? Subito s’accese, e io non portavo altro che un fuoco immenso. Vedendo come stavo lì lì per arrostirmi, e scontrata nella via una profonda pozzanghera, mi vi getto in mezzo, e voltandovi a rivoltandovi me e la stoppa, smorzai con la belletta quell’ardente ed acerba soma: e così con meno pericoli seguitai il rimanente della via. Nè il ragazzo poteva più riaccendermi la stoppa, chè la era tutta molle di mota. Eppure quello sfacciato ragazzaccio, quando si giunse, con una bugia diede la colpa a me, dicendo che io m’era spinto da me presso al focolare.
Allora uscii di quella stoppa, e non me lo credevo: ma quell’impiccato mi ordì un tranello assai più cattivo. Mi mena alla montagna, mi carica d’un gran fascio di legne, e se lo vende ad un villano che abitava in quella vicinanza: poi ricondottomi a casa scarico e senza legne, dice contro di me al padrone una calunnia nefanda: Quest’asino, o padrone, non so perchè lo nutriamo, pigro e poltrone com’è: ed ora mi caccia un’altra virtù, ora: quando vede una donna, sia pure una bella zittella, o un giovanotto, spara calci, e s’avventa sopra, e va in amore come fosse un uomo per una donna, e dà morsi per baci, e per forza vuol montare.
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