Ed una volta una donna forestiera molto ricca e non brutta, entrata per vedermi desinare, s’innamora pazzamente di me, sia che vide il bell’asino, sia che per le mirabili cose che io faceva le venne il capriccio di giacersi con me. Parla col mio maestro, gli promette una buona mercede se le concede di coricarsi con me la notte: e quegli senza pensare se ella avrebbe il suo piacere da me, o non l’avrebbe, si piglia il danaro. Poi che fu sera, ed il padrone ci licenziò dal suo convito, tornati al nostro alloggio troviamo la donna che da un pezzo era venuta alla mia stanza. Aveva fatto portare molli guanciali e coperte, e stendere a terra un bel letto: e i suoi servi si coricarono innanzi la camera lì vicino. Dentro ella accese una gran lucerna, che mandava molta luce: poi spogliatasi tutta nuda innanzi la lucerna, e versando un unguento da un vasello d’alabastro, se ne unge ella, e ne unge anche me, e me n’empie specialmente le froge: indi mi bacia, e mi dice parole d’amore, come fossi un uomo, e pigliatomi per la cavezza mi tira sul letto. Io che a questo non volevo due inviti, ed ero brillo di vino vecchio, e stimolato dalla fragranza dell’unguento, vedendo la giovane tutta bella, mi corico: ma l’imbroglio mio era che non sapevo come montar la donna. Da quando ero divenuto asino io non avevo neppur tocco il piacere che sogliono gli altri asini, nè usato mai con asina: ed aveva ancora una gran paura che la donna non riceverebbe, e la squarcerei, e poi sarei punito come omicida.
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