E non sapevo che questa paura era vana. Chè la donna con molti baci e saporitissimi invitandomi, quando vide che io non potevo più tenermi, come attaccandosi ad un uomo, mi abbraccia, e se lo riceve dentro tutto. Ed io sciocco temevo ancora, e mi tiravo indietro; ed ella mi si attaccava ai lombi sì che non potevo retrocedere, e seguiva ella quel che fuggiva. Ma come mi accertai bene che mancava ancora per me a dar piacere e diletto alla donna, la servii del resto: pensando che infine io facevo quel che l’adultero di Pasifae. La donna era tanto ghiotta ed insaziabile di quel piacere che tutta notte macinammo senza posa. Quando è giorno levasi, e vassene, accordatasi col mio maestro di dargli altrettanto per la notte seguente. Quegli che si era arricchito con le fatiche mie, volendo mostrare al padrone un’altra mia valenteria, mi chiude un’altra volta con la donna, la quale mi fè’ ben trottare e stancare. Intanto egli va a contare la cosa al padrone, come se me l’avesse insegnata egli, ed io non sapessi fare; e la sera menato il padrone alla nostra stanza, per un buco della porta, me gli mostra corcato con la giovane. Il padrone si piacque di quella vista, e che gli venne in capo? di farmi fare quella cosa in pubblico. Non ne fiatare con alcuno, diss’egli; chè nel giorno dello spettacolo presenteremo l’asino in teatro con una donna condannata, e gliela faremo coprire in pubblico. Infatti conducono da me una donna di quelle condannate alle fiere, e le impongono di starmi vicino e di carezzarmi.
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Pasifae
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