Ma ella come vide che io aveva tutte le membra d’uomo, mi sputò, e disse: Puh! e non te ne vai a malora da me e dalla casa mia? e non te ne vai a dormire lungi di qua? — E dimandandole io: Ma che offesa t’ho fatto? Ella rispose: Io non di te, ma di quell’asinino tuo m’innamorai allora, e non con te, ma con quello mi coricai. E credevo che tu l’avessi almeno conservato quel grosso e bell’arnese dell’asino, e che anche ora lo portassi: e tu invece di quel bello ed utile animale mi vieni innanzi mutato in un bertuccino. — Subito chiama i servi, e comanda di pigliarmi di peso, e portarmi fuori la casa. Sicchè io scacciato fuori la casa, nudo, tutto inghirlandato, e profumato d’unguenti, mi abbraccio la nuda terra, e con questa dormo.
Al mover dell’alba, essendo nudo, corro alla nave, e racconto a mio fratello il caso avvenutomi, e ne facemmo una risata. Dipoi essendosi messo un buon vento, partimmo della città, e in pochi giorni giunsi nella mia patria. Quivi feci un sacrifizio agl’iddii salvatori, ed appesi un voto: chè in fede mia non ero uscito del culo d’un cane (come dice il proverbio), ma d’un asino, e dopo tante e sì lunghe fatiche a pena ero tornato salvo a casa.
Correzioni apportate nell’edizione elettronica Manuzio:
se ella avrebbe il suo piacere da me, e non l’avrebbe, = ...o non l’avrebbe,
XLII.
GIOVE CONFUTATO
Un Cinico e Giove.
Il Cinico. Io, o Giove, non ti annoierò a chiederti ricchezze, oro, grandezze; cose tanto desiderate da molti, e che a te non è facile il darle, perchè vedo che spesso fai sembiante di non udire chi te le chiede.
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