Pagina (442/538)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Se fosse stato in poter mio, credi tu che non avrei scagliato una saetta a quei ladri che testè in Pisa mi tagliarono due ricci, pesanti sei mine l’uno, e se n’andarono; e tu avresti veduto in Gerasto quel pescatore d’Oreo rubarti il tridente? E poi parrà che noi ci accoriamo troppo di questa cosa, e che ci spauriamo degli argomenti di Damide, e che però ci sbrighiamo di lui senza aspettare di cimentarlo con Timocle. E infine sai che si dirà? che vogliam vincere la causa in contumacia.
      Nettuno. Eppure io credevo d’avere trovata una scorciatoia per vincere.
      Giove. Va, l’è pensata d’un tonno cotesta; l’è proprio grossa, o Nettuno, togliere di mezzo l’avversario, acciocchè muoia non vinto, e lasci sospesa ed indecisa la disputa.
      Nettuno. Ebbene, pensatene voi una più sottile, giacchè la mia vi pare tanto grossa.
      Apollo. Se a noi altri giovani e ancora sbarbati la legge permettesse parlare, forse direi cosa utile alla nostra questione.
      Momo. La questione, o Apollo, è sì grave che non si bada ad età, ed a tutti è lecito parlare. Saria bella! corriamo tanto pericolo, e stiamo a stiracchiare le leggi. E poi tu hai l’età da parlare, chè già da un pezzo uscisti di garzone, e sei scritto tra i dodici Maggiorenti, e quasi quasi sei del consiglio di Saturno. Onde non farci il fanciullo, e di’ il tuo parere, senza vergognarti che sei sbarbato e parli, avendo per figliuolo Esculapio che porta tanto di barba. E poi ti conviene specialmente adesso sfoderar la tua sapienza, se no stai per scherzo sull’Elicona a filosofar con le Muse.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





Pisa Gerasto Oreo Damide Timocle Nettuno Apollo Maggiorenti Saturno Esculapio Elicona Muse