è tutto invasato di mistico orrore.
Apollo.
Udite il verbo del profeta Apollo
Su l’aspra lite, a cui vennero dueGran gridatori, di parole armati.
Di qua, di là molto tumulto, e moltoGracchiar confuso; di terror percosse
Le alte vette del cielo indi saranno.(123)
Ma quando l’avoltoio con gli artigliCiufferà i grilli, allora le cornacchie
Di piova apportatrici manderannoUn ultimo cra cra. Vittoria ai muli:
L’asino cozza i suoi vispi puledri.
Giove. Come? tu ti sganasci dalle risa, o Momo? Ti par da ridere ora? Smetti, sciagurato: tu creperai per le risa.
Momo. E come non ridere, o Giove, per questo oracolo sì chiaro e manifesto?
Giove. Dunque ci spiegherai ciò che dice.
Momo. È chiarissimo, e non vuole un Temistocle per interpetrarlo. L’oracolo dice spiattellato che costui è un impostore, e noi siamo asini col basto, anzi siam muli che prestiam fede a lui, e non abbiamo di cervello neppure quanto i grilli.
Ercole. Io per me, o padre, benchè qui ci stia a pigione io, pure vo’ dire il mio parere. Quando saranno sul disputare, se Timocle avrà la meglio, lo lasceremo proseguire a vantaggio nostro; se anderà di sotto, allora io, se voi volete, scrollerò il portico e lo farò cadere in capo a Damide, affinchè il ribaldo non ci oltraggi più.
Giove. Per Ercole! o Ercole, l’hai detta proprio da villano, e proprio da Beoto; per un malvagio solo, distruggere tanta gente, e di più il portico con Maratona, Milziade e Cinegira. E caduto tutto questo, come gli oratori rifioriranno più le loro orazioni, mancando di questo grande argomento a parlare?
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