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      Il quale ricordandosi di questa buona azione di Teti, ingannò Agamennone, mandandogli un sogno bugiardo, per far morire molti Achei. Vedi? egli non poteva, con tutto che è scaglia-folgori, sfolgorare Agamennone, senza parere un bindolo. O pure ti sentisti sforzato a credere quando udisti che Diomede ferì Venere e poi Marte stesso, per istigazion di Minerva? ed indi a poco che tutti gli Dei si abbatuffolano nella battaglia maschi e femmine in duello, e Minerva accoppa Marte mezzo sciancato per la ferita che toccò da Diomede,
      E a Latona s’oppose il salva-caseGiovatore Mercurio.
      O forse ti pare credibile ciò che dice di Diana, come accesa di sdegno perchè non fu convitata al banchetto di Oineo, gli mandò uno smisurato e terribilissimo cinghiale a desolare il paese. Forse contandoti queste cose Omero ti persuase?
      Giove. Poffare! con che grida la moltitudine applaudisce a Damide! Il nostro campione, o Dei, pare smarrito: egli ha paura, e trema, e pare voglia gittare lo scudo, e si guarda intorno come per svignarsela.
      Timocle. E neppure Euripide ti pare che dica vero, quando pone su la scena gli Dei, e fa che salvino quegli eroi che sono buoni, ed abbattano i malvagi e gli empi come te?
     
      Damide. O valentissimo filosofo Timocle, se facendo questo i tragedi ti persuasero, una delle due, o devi credere che Polo, Aristodemo, e Satiro in quel punto sono Dei; o che gli Dei hanno quell’aspetto, quei coturni, quei vestoni, quelle clamidi, quei guanti, quei panzeroni, quei corpetti, e tutti quegli altri paramenti, coi quali è accresciuta la maestà della tragedia; il che anche parmi ridicolissimo.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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