E vedi tra i marinai il poltrone, l’ignorante, il codardo avere due e tre porzioni, il forte marangone poi, che sale spedito su l’antenna, che sa bene l’arte, è messo a vuotar la sentina. Lo stesso è tra passeggieri: un servo frustato sta nel primo posto, presso al piloto, sdraiato, servito; un bardassa, un parricida, un sacrilego è preferito e sulla coverta: molti uomini onesti stivati in sentina, e calpestati da chi è da meno di loro. Ripensa un po’ come navigarono Socrate, Aristide e Focione, che non ebbero neppure il necessario per mangiare, nè potettero stendere i piedi sul nudo tavolato nella sentina: e poi Callia, Mida e Sardanapalo gavazzavano in tutti i beni, e sputavano chi avevano sotto. Questo c’è nella tua nave, o sapientissimo Timocle: e però fa mille naufragi. Se ci fosse un pilota che vedesse e regolasse ogni cosa, primamente non ignorerebbe chi è buono e chi è cattivo tra quelli che navigano; dipoi a ciascuno darebbe l’ufficio che gli conviene; il miglior posto ai migliori su, ai peggiori giù: sceglierebbe tra i buoni i suoi commensali e consiglieri; il marinaio avvolontato metterlo a guardia di prora, o farlo nostromo, o dargli altro ufficio; il trascurato e scansafatiche conciarlo ben bene con uno staffile cinque volte il dì. Onde questo tuo paragone della nave, o valente uomo, c’è pericolo che sia rovesciato, per avere avuto un cattivo pilota.
Momo. Damide ha buon vento, e va a piene vele verso la vittoria.
Giove. Hai ragione, o Momo. Timocle non trova un argomento che vaglia, ne sciorina di fritti e rifritti ogni giorno, e che si confutano facilmente.
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