Ma spogliata la forma di Pitagora, qual altra rivestisti dipoi?
Il gallo. Fui Aspasia, la cortigiana di Mileto.
Micillo. Oh, che mi dici ora! Pitagora fu anche femmina? e fu un tempo che anche tu facesti l’uovo, o valentissimo gallo? e quand’eri Aspasia ti coricavi con Pericle, eri ingravidata da lui, filavi lana, menavi la spola, e facevi la smanciera come cortigiana?
Il gallo. Tutto questo l’ho fatto, e non io solo, ma Tiresia prima di me, e Ceneo(129) figliuol d’Elato: onde se motteggi me, motteggerai anche quelli.
Micillo. Oh, di’: e qual vita ti piaceva più, quand’eri maschio, o quando ti sollazzavi con Pericle?
Il gallo. Sai tu che mi dimandi cosa, alla quale perchè rispose Tiresia fu punito?
Micillo. Non lo dirai tu, ma la quistione l’ha già deffinita Euripide, che disse voler andare tre volte alla guerra, anzi che partorire una volta.
Il gallo. Ed io ti predico, o Micillo, che tra poco avrai i dolori del parto; perchè spesso sarai femmina anche tu nel gran giro del tempo.
Micillo. Che tu sia impiccato, o gallo: credi che son tutti come i Milesii ed i Samii? ei dicono che quando tu eri Pitagora e bel garzone, spesso facevi da Aspasia col tiranno di Samo. Ma e dopo Aspasia, ricomparisti maschio, o femmina un’altra volta?
Il gallo. Divenni Crate, il cinico.
Micillo. O Dioscuri, che dissomiglianza! di cortigiana filosofo!
Il gallo. Poi re, poi mendico, indi a poco satrapo, poi cavallo, e cornacchia, e ranocchio, ed altri mille, che saria troppo lungo annoverarteli, infine sono stato gallo molte volte, perchè questa vita mi piace: ed in questa forma ho servito a molti, a re, a poveri, a ricchi, e finalmente ora sono con te: e tu mi fai ridere ogni giorno lamentandoti e maledicendo la povertà, e stimando beati i ricchi, senza sapere i mali che li circondano.
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