E questo è un re.
Micillo. Non mi hai detto ancora qual è la creta, i chiodi e le sbarre del regno, quali sono quelle molte difformità nascoste. L’andare in magnifico cocchio, il comandar tante genti, e l’esserne adorato come un dio, è una cosa simile a quella statua colossale, è una cosa anche divina, e l’esempio è calzante: ma spiegami anche le magagne che stanno dentro al colosso.
Il gallo. Che posso dirti, o Micillo? temere sempre, e tremare, e sospettare d’insidie, e odiare, ed essere odiato anche dagl’intimi, e far sonni brevi, interrotti, torbidi, paurosi; pensieri sempre ingannevoli, speranze sempre malvage; e poi occuparsi senza posa di governo, di leggi, di milizie, di comandi, di trattati, di consigli; non gustar mai una stilla di sonno riposato, aver egli solo gli occhi aperti sovra tutti, e mille faccende per mano:
Il solo Atride Agamennòn non gustaPer i molti pensier, stilla di sonno;
mentre tutti gli Achei russano placidamente. Si affanna il re di Lidia che il figliuolo è mutolo; quel di Persia che Clearco fa soldati per Ciro; un altro che Dione parla all’orecchio d’alcuni Siracusani; un altro che Parmenione è lodato; Tolomeo s’affanna per l’emulo Perdicca; Seleuco per Tolomeo. Altri affanni sono che la donna amata viene per forza da te e spesso si gode un altro; che odi come alcuni si sono rivoltati; che vedi due o quattro delle tue guardie parlar segreto tra loro. Ma la maggiore sventura è che bisogna guardarsi più dai più cari, e da essi aspettarsi sempre qualche male.
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