Fattostà invece di sciogliermi da quella mia ignoranza, mi ravvilupparono in maggiori incertezze, empiendomi il capo ogni giorno di principii, di fini, di atomi, di vuoto, di materia, d’idee, e di altre frasche. E per mio maggior tormento, l’uno diceva l’opposto dell’altro, erano un sacco di gatti, e ciascuno voleva persuadermi e tirarmi dalla sua.
Amico. È strano questo che mi dici: uomini sapienti contendevano tra loro di cose esistenti, e su la cosa stessa non avevano la stessa opinione.
Menippo. Tu rideresti davvero, o amico mio, se udissi le loro iattanze, e le imposture che spacciano. Essi che han camminato sempre su la terra, che non han niente più di noi che su la terra camminiamo, non hanno la vista più acuta degli altri, anzi essendo vecchi o loschi ci vedono pochissimo, eppure essi affermano di aver vedute le colonne che sostengono il cielo, aver misurato il sole, aver camminato per gli spazi, che sono sopra la luna, e come se fosser caduti dagli astri ne descrivono la grandezza e la figura. Spesso accade che ei non sanno bene quanti stadii ci ha da Megara ad Atene, ed osan dire quanti cubiti è distante la luna dal sole, e quanto l’una e l’altro son grandi, che altezza ha l’aria, che profondità il mare, misurano e dividono la circonferenza della terra; e poi descrivendo cerchi, disegnando triangoli, quadrati e sfere, danno a credere che misurano il cielo. Quel che prova la loro superba ignoranza è che ragionano di queste cose oscure non per congettura, ma con asseveranza, e s’incaponiscono, e non soffrono che altri ne dubiti, e quasi giurano che il sole è una palla di ferro rovente, che la luna è abitata, che le stelle bevono i vapori che il sole quasi con una fune attigne dal mare e li dispensa a bere a ciascuna.
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Megara Atene
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