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      Udiva Giove, e considerando ciascuna preghiera attentamente, non le accoglieva tutte.
      Ma il padre degli Dei ne concedevaAlcuna, ed alcun’altra ne negava.
      Le preghiere giuste le faceva montar sino alla botola, le prendeva, e se le poneva a parte destra; le scellerate le scacciava subito giù con un soffio, perchè neppure si avvicinassero al cielo. Ma ad una certa preghiera io lo vidi bene impacciato. Due uomini dimandavano due cose opposte, ma promettevano lo stesso sacrifizio: ond’egli non sapeva chi dei due contentare; stava tra il sì e il no degli Accademici, non sapeva uscir di quell’imbroglio, e come Pirrone, dubitava e considerava. Sbrigatosi di questa faccenda delle preghiere, passò al seggio ed alla botola seguente, fe’ capolino, e attese ai giuramenti ed ai giuratori. Spacciatosi anche da questi, e fulminato l’Epicureo Ermodoro, sedè sovra un altro seggio, e badò alle divinazioni, alle voci che corrono, agli augurii. Di là passò alla botola donde sale il fumo de’ sagrifizi, e il fumo dice a Giove il nome di chi l’ha offerti. Spedite tutte queste faccende, comandò ai venti ed al tempo quel ch’era da fare: Oggi piova in Scizia, tuoni in Libia, nevighi in Grecia: tu, o Borea, soffia in Lidia, tu, o Noto, sta’ cheto, e tu, o Zefiro, sconvolgi l’Adriatico: mille medinni di grandine si spandano sulla Cappadocia. – Regolato così ogni cosa, andammo al convito, essendo già l’ora del banchettare: Mercurio mi allogò vicino a Pane, ai Coribanti, ad Ati, a Sabazio, e a cotali altri forestieri ed incerti Dei.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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