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      I’ son sempre occupato; ed ecco qui un monte di processi vecchi, guasti dalla muffa e dai ragnateli: sono la più parte antiche querele poste dalle Discipline e dalle Arti contro alcuni uomini. Intanto grida e sdegni per ogni parte, dimandan giustizia, m’accusan di lentezza, e non vogliono esser capaci che se i giudizii non si spediscono a punto non è per trascuraggine mia, ma per quella felicità nella quale dicono che noi viviamo, chè così chiamano i fastidii che abbiamo per loro.
      Mercurio. Anch’io, o Giove, ho udite molte di queste lagnanze sulla terra, ma non ardivo parlartene; or tu sei entrato in questo discorso, ed io te ne parlo. Sono molto sdegnati, o padre, e si lagnano, e se non ardiscon di levar la voce, essi mormorano e ti accusano di troppa lungaggine, e che da un pezzo dovrian conoscere la sorte loro, ed acchetarsi ai giudicati.
      Giove. E che mi consigli, o Mercurio? Intimiamo ora un’adunanza per ispedir queste cause, o la differiamo per l’anno venturo?
      Mercurio. No: intimiamola ora.
      Giove. Ebbene, fa’ così. Scendi, e bandisci che l’adunanza giudiziale sarà a questo modo. Tutti quelli che han prodotta un’accusa vengano oggi nell’Areopago, dove la Giustizia assegnerà i giudici secondo il pregio di ciascuna causa, e li tirerà a sorte fra tutti gli Ateniesi. Se alcuno si terrà mal giudicato, potrà appellare a me, e il giudizio sarà rifatto da capo, come se non fosse stato. Tu, o figliuola mia, va a sedere tra le venerande Dee,(136) sortisci le cause, e veglia sopra i giudici.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Secondo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 538

   





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