Chiamatelo innanzi a voi, e vedrete quale è divenuto per me. Ei moveva il riso, o giudici, non poteva formar parola, nè reggersi in piedi pel molto vino, ed io lo accolsi, lo rimutai, lo rendei sobrio, e di schiavo che egli era io lo feci onesto uomo, e savio, e stimato da tutti i Greci. Egli stesso ora me ne ringrazia, e tutti i suoi congiunti per lui. Ho detto: voi considerate con chi di noi due più gli giovi di stare.
Mercurio. Su via, sbrigatevi, date il suffragio, levatevi: chè si deve giudicar gli altri.
La Giustizia. L’Academia ha tutti i suffragi, meno uno.
Mercurio. Non è maraviglia esserci uno che ha dato il suffragio all’Ubriachezza. Sedete voi altri che foste sortiti giudici tra la Stoa e la Voluttà per il loro innamorato. L’acqua è versata. E tu o accusatrice, o dipinta Stoa, parla tu.(140)
La Stoa. Io non ignoro, o giudici, che ho a parlare contro una bella avversaria, e vedo che molti tra voi la riguardano con piacevole sorriso, e disprezzano me che vo così tonduta, ho viso severo, e paio trista e malinconica: ma se vorrete udire le mie parole, io confido che vi parranno assai più giuste delle sue. Adunque io ora l’accuso, che ella usando tutte le arti e le attrattive d’una cortigiana ha ammaliato l’amante mio Dionisio, già tanto buono e saggio, e me lo ha strappato. Coloro che prima di voi giudicarono la causa tra l’Academia e l’Ubbriachezza, giudicarono anche questa, che è sorella di quella. Si tratta ora di sapere, se si deve chinati giù a mo’ di porci infangarsi nei piaceri, senza mai sollevare la mente a’ saggi e generosi pensieri; o se ponendo l’onesto innanzi al dilettevole, gli uomini liberi debbano liberamente filosofare, non temere il dolore come male insopportabile, non riporre, come fanno gli schiavi, ogni loro bene nel piacere e cercar la felicità nel mele e nei fichisecchi.
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