Questo ed altri sono spropositi, che io scrivo consigliatamente per ritrarre al possibile il testo; nè tutti gli foggio io di mio capo, ma ne ho uditi tanti e tanti più grossi da certi valentuomini che patiscono il male di Lessifane. Però il lettore stia avvertito di questo.
(58) Chiovi di terra, così chiama i radicchi.
(59) Il testo dice: latagein kottabous, gocciolare i cottabi. Il cottabo era una specie di giuoco che si faceva tra i Greci da chi voleva sapere se era amato dal zanzero. In una conca di rame si faceva gocciolare il vino da una coppa, e secondo il rumore, argomentavano del sì, o del no: talvolta nella conca mettevano acqua con piccoli vasetti a galla: chi nel gocciolare affondava più vasi o il tal vaso, l’aveva per buono augurio. Onomacrito dunque doveva essere un zanzero.
(60) Il testo dice: thridanikas, lattughe: i lessici dicono: sorta di pane: io credo frittella a forma di lattughe, o con entro gazzuolo di lattuga.
(61) Forse i servi.
(62) Specie di lotte, che consistevano o nel torcere le braccla dell’avversario, o rovesciarlo con la testa indietro, o accopparlo senza farlo cadere.
(63) Il sacco dell’arena era appeso con funi, e vi si afferravano con le mani, e con esso si dondolavano: era un esercizio de’ non troppo gagliardi.
(64) Stufati, intendi, entrati nella stufa: come infrescati, entrati nell’acqua fresca.
(65) Non quelle di Bolsena, ma di Copai, palude di Beozia, dove non erano anguille ricercate dai ghiotti.
(66) Senza canto, e più sotto bue sdentato, non si sa se per troppa giovinezza o vecchiezza.
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