Forse qui si vuol dire: Mi pareva di avere avuta la fortuna di Gige, ed ebbi quella di Candaulo: credevo trovar meglio, ed ebbi peggio. E quel nome di Megalopola, io non credo che debba essere nome di donna. E che bisogno c’è qui di dire il nome della donna? Ben ci saria bisogno dire una sua mala qualità: però io credo che vi si dovria leggere megaloponera, cioè una gran ribalda. Come anche fu una ribalda la donna di Candaulo.
(115) Credo che qui sia mancanza nel testo. E mi pare che vi manchino due concetti: il primo, che il liberto menò l’asino in villa o in altro luogo lontano da Tessalonica: il secondo, che il padrone, chiamato Menecle, andando spesso a veder le maraviglie dell’asino, pensò di darne spettacolo al Tessalonicesi. Se non questo, qualcosa vi manca certamente.
(116) Mancano i nomi. E forse l’autore non li scrisse, e così volle dare un’apparenza di verità alla sua favola.
(117) Nel Giove tragedo, Momo facendosi beffe degli oracoli, riferisce anche questo, e dice: Chi passerà l’Ali distruggerà un grande impero: ma non si dice se l’impero proprio o quello nemico.
(118) Uno scolio greco dà ragione di questo titolo. «La tragedia è piena di sventure, e perchè Giove al presente è in una sventura, ragionevolmente si finge che egli faccia il tragedo: però gli parlano in giambi tragici Giunone e Minerva, ed egli risponde loro in giambi.» (Scolio greco.) I versi sono tutti parodie di poeti tragici, specialmente di Euripide.
(119) Forse questi sono anche versi.
(120) Il verso d’Euripide nelle Fenicie può tradursi così: Sta certo, la città dentro è sicura.
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