Non sarà egli un bel soldato se vive, e bello se morrà bellamente? Ma che bisogna figurarceli, se ne abbiamo gli esempi?(4) Insomma in tempo di guerra nè retori nè filosofi mai ardirono uscir delle mura, e se alcuno tu costretto a stare in ischiera, io dico che lasciò l’ordinanza e se ne tornò.
Tichiade. Tu entri nel maraviglioso, e prometti dirmene delle grosse. Ma via, di’ pure.
Parassito. Tra i retori Isocrate non che uscisse mai in guerra, ei neppure salì in ringhiera, per certa sua timidezza, e perchè non aveva voce da ciò. Che più? Forse Demade ed Eschine e Filocrate, sbigottiti al subito annunzio della guerra di Filippo, non diedero la patria e sè stessi a Filippo, e rimasero in Atene per maneggiarvi le sue faccende? cosicchè, mentre egli faceva guerra agli altri Ateniesi, era amico di costoro.(5) Ma Iperide, Demostene e Licurgo che parevano più generosi, e nei parlamenti tempestavano sempre e ingiuriavano Filippo, qual prodezza fecero mai contro di lui in battaglia? Iperide e Licurgo non uscirono, anzi neppure ardirono di mettere il capo fuori le porte, ma chiusi tra quattro mura e assediati nelle case loro, compilavano decretuzzi e deliberazioncelle. Ed anche il loro gran capoccia, quegli che in parlamento non rifinava di dire: Filippo, quella peste di Macedonia, da cui nessuno comprerebbe uno schiavo; avendo avuto animo di andare con l’oste in Beozia, prima che si azzuffassero gli eserciti e si venisse alle mani, gettò lo scudo e fuggì. Forse non l’hai udite ancora contare da nessuno queste cose, che son note non pure agli Ateniesi, ma ai Traci ed agli Sciti, donde era quella schiuma di sciaurato.
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