Ho voluto lasciare il cappello a casa, per non parere io solo in mezzo a voi in foggia straniera. La stagione è caldissima; quell’astro che voi, credo, chiamate la canicola, brucia ogni cosa, e dissecca ed infiamma l’aria: e il sole in pieno meriggio ci batte sul capo, e ci dà questo caldo insopportabile. Io mi maraviglio di te che se’ vecchio, e a questi bollori non sudi come me, pare che non ne senti noia, nè cerchi di ripararti all’ombra, ma ti stai al sole tranquillamente.
Solone. Quelle vane fatiche, o Anacarsi, quel frequente rivoltolarci nel fango, quello strapazzarci allo scoperto nell’arena, ci danno questo scudo contro i raggi del sole: e non ci è bisogno cappello che ci difenda il capo. Ma andiamo. Intanto tu non istarai alle mie parole, come si sta alle leggi, da crederle a punto: ma dove ti pare che io non dica bene, e tu contraddici, e discutiamo. Così ci chiariremo; ed una delle due, o tu sarai più forte persuaso quando avrai fatte tutte le obbiezioni che credi, o io mi correggerò del mio cattivo conoscere. Ed in questo caso tutti gli Ateniesi te ne avranno grande obbligo. Perchè tu ammaestrando me e persuadendomi del meglio, farai ad essi un benefizio grandissimo. Nè io lo nasconderò, ma tosto lo pubblicherò, e rizzandomi nel comizio, io dirò a tutti: O Ateniesi, io scrissi per voi le leggi che mi parvero sarebbero più utili alla città; ma questo forestiero (e additerò te, o Anacarsi) questo scita, essendo un uomo pieno di senno, mi ha fatto mutare opinione, mi ha insegnato altri studi ed esercizi migliori: onde scrivetelo tra i vostri benefattori, rizzategli una statua tra quelle degl’illustri cittadini, vicino a Minerva.
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Anacarsi Ateniesi O Ateniesi Anacarsi Minerva
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