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      E con ciò conseguono due buonissimi effetti, acquistano ardire nei pericoli non risparmiando ai corpi, e si mantengono sani e robusti. Quei lottatori, che si piegano sino a terra, imparano a cadere senza farsi male, a rizzarsi subito, a sostenere gli urti, le strette, le scosse, a tener l’avversario alla gola, a sollevarlo da terra, e con questo utile esercizio acquistano il primo bene, e senza dubbio, grandissimo, che i corpi con la fatica s’afforzano e s’induriscono al dolore. Un altro bene non minore è che si troveranno pratichi di queste arti, in caso che dovranno usarle nella guerra; perchè certamente se uno di costoro viene alle prese con un nemico, te lo atterra più facilmente con un gambetto, e se cade saprà più presto levarsi in piè. Di tutte queste arti, o Anacarsi, noi ci provvediamo pel combattimento vero che si fa con le armi, e crediamo che i giovani esercitati in esse saranno più prodi guerrieri: perchè con ungerne prima i corpi nudi e con l’affaticarli, noi li rendiamo più forti e vigorosi, e leggieri, ed agili, e però formidabili agli avversarii. Or tu comprendi da te quali saranno in armi costoro, che nudi farian paura ai nemici. Non hanno addosso carni bianche e pesanti, nè son magri e pallidi: non han corpi come di femmine, scriati, che tremano al rezzo, che si sfiniscono gocciolando sudore, che non possono respirar sotto l’elmo, specialmente se il sole nel meriggio, come adesso, abbrucia ogni cosa. Che si potria fare con uomini che non sosterrebbon nè la sete nè la polvere, che a veder sangue s’atterrirebbero, e morrebber di paura prima di venire alle armi e di mescolarsi coi nemici?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





Anacarsi