La scambievole diffidenza, il vostro vivere sciolto e senza legge, vi fa sempre necessario il ferro, per averlo pronto alla difesa, se uno v’assalta.
Anacarsi. Come va questo, o Solone? Voi credete inutile portar ferro senza necessità, risparmiate le armi perchè non vi si logorino tra le mani, le serbate riposte per usarne dipoi quando verrà il bisogno; e perchè senza stringente pericolo, affaticate ed ammaccate i corpi dei giovani, li sfinite in sudore, non risparmiando pel bisogno le loro forze, ma gettandole nella polvere e nel fango?
Solone. Parmi, o Anacarsi, che tu ti figuri la forza esser simile al vino, all’acqua, o ad altro liquore: temi che si versi come da una guastada, e che si perda nelle fatiche, e che ci lasci il corpo vuoto, e secco, e senza potersi rifare. Ma non è così: la forza è tal cosa che quanto più ne versi, più abbonda: come l’idra della favola, che avrai udita, alla quale si tagliava una testa, ed ella ne metteva due. Se essa poi da principio non si esercita nè si distende, e non ha sufficiente la materia che la sostiene, allora sotto le fatiche si fiacca e si consuma. Così accade del fuoco e della lampada. Sotto lo stesso soffio tu accendi il fuoco e lo fai subito divampare affaticandolo col vento, e spegni il lume della lampada che non ha materia bastante da resistere a quel soffio, e nasce quasi da piccola radice.
Anacarsi. I’ non ti capisco bene, o Solone: coteste tue sottigliezze non fanno per me, ma per chi ha molto acume e perspicacia. Insomma dimmelo schietto; perchè nei giuochi olimpici, negl’istmici, nei pitii, e negli altri, dove hai detto che accorre tanta gente a vedere i giovani combattere, voi non li fate combattere con le armi, ma così nudi con i calci e con le pugna, e date al vincitore poche poma, o un ramoscel d’oleastro?
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