Giacchè tu dici, o Anacarsi, che visiterai tutta la Grecia, ricordati, se verrai tra i Lacedemoni, di non riderti di loro, nè credere che s’affaticano invano quando per giocare alla palla s’accalcano nel teatro e si picchiano tra loro; o quando entrati in un luogo ricinto d’acqua, divisi in due falangi, e nudi anch’essi, fanno una finta battaglia, finchè una schiera caccia l’altra dal recinto, la schiera di Licurgo scaccia quella d’Ercole o per contrario, e la spinge nell’acqua (chè d’allora in poi tutto è pace e cessano le busse); o quando specialmente vedrai i fanciulli vergheggiati presso all’ara sprizzar sangue, e i padri e le madri presenti non pure non compatirli, ma sgridarli se non sostengono i colpi, e incuorarli a durare a quel tormento quanto più possono, e star saldi al dolore. Molti sono anche morti in questa pruova, non avendo voluto sino all’ultimo fiato mostrar fiacchezza innanzi agli occhi dei parenti, nè cedere al dolore del corpo: e di questi vedrai le statue rizzate da Sparta, e pubblicamente onorate. Quando dunque tu vedrai queste cose non darti a credere che ei son pazzi, nè dire che si martoriano senza stringente necessità, senza un tiranno che ve li sforzi, senza un nemico che lo comandi. Perchè su di questo ti direbbe Licurgo, loro legislatore, molte e buone ragioni, e con qual mira li batte, non per nimicizia, nè per odio, nè per distruggere senza pro la gioventù della città, ma perchè egli crede che così saranno più forti e sprezzeranno ogni tormento coloro che debbono difendere la patria.
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