Anacarsi. È giustissimo, o Solone: ed io ti conterò delle usanze degli Sciti, forse non belle, nè simiglianti alle vostre; chè noi non potremmo sopportare neppure una percossa sulla faccia, e siam meticulosi assai: ma qualunque sieno, te le dirò. Nondimeno, se ti pare, differiamo a dimani questo ragionamento; così nel silenzio io rifletterò meglio a ciò che tu m’hai detto, e raccoglierò nella memoria ciò che dovrò dirti. Per ora basta, e ritiriamoci, che già è sera.
Correzione apportata nell’edizione elettronica Manuzio:
me se taluno fa proemio per cattivarsi favore = ma se...
XLIX.
DEL LUTTO.
Egli è curioso il considerare le cose che molti uomini dicono e fanno nel lutto, ciò che vien detto loro per racconsolarli, e come si danno a credere che sia intervenuto un caso intollerabile ad essi che piangono ed a quelli cui essi rimpiangono. Per Plutone e per Proserpina, essi non sanno affatto se la morte sia un male di cui debbano addolorarsi, o per contrario sia un bene ed una dolcezza a chi la sente, ma si abbandonano al dolore sol per seguire una usanza. Poi che uno è morto fanno così...... ma innanzi tratto vo’ dire quali idee essi hanno intorno la morte; e così sarà chiara la cagione di quelle oziose vanità che essi fanno.
La moltitudine, che i saggi chiamano volgo, dando piena fede ad Omero, ad Esiodo, e ad altri facitori di favole, e tenendo per leggi le costoro poesie, crede che sotterra ci sia un luogo profondo detto l’Orco, grande e vasto assai, e tenebroso e senza sole, onde non so con qual lume ei vedano ciò che lor pare di vederci.
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