A detto loro adunque Plutone e Proserpina hanno la piena signoria sovra di tutti: ed hanno molti ministri che con essi governano, e sono le Furie, le Pene, i Timori, e Mercurio che per altro non ci sta sempre. Stannovi due governatori e satrapi e giudici, Minosse e Radamanto, ambedue di Creta, e figliuoli di Giove. Costoro quando si raccoglie un buon numero di uomini dabbene giusti e vissuti virtuosamente, li mandano, come una colonia, nel campo Eliso a menarvi insieme una vita felice. Quanti trovano malvagi, li danno in mano alle Furie, che li menano nel soggiorno degli empi, dove sono puniti secondo i loro delitti, ed uh! che pene hanno, arrotati, arrostiti, dilaniati dagli avoltoi, altri girano legati ad una ruota, altri sollevano sassi per forza di poppa: Tantalo sta sul palude e non può bere, e il poveretto corre pericolo di morire di sete. Coloro poi che hanno vissuto una vita di mezzo (e sono moltissimi questi), vanno errando pel prato senza i loro corpi, ombre vane, e a toccarle, come fumo vaniscono. Si nutriscono delle libazioni che noi facciamo su i sepolcri: per forma che se qualcuno non ha lasciato su la terra un amico o un parente, ei sarà un morto che vivrà digiuno ed affamato.
Di queste fole sì forte è persuaso il volgo, che quando muore uno di casa, gli mettono un obolo in bocca per pagare il nolo del tragitto, senza prima informarsi che moneta corre laggiù, e quanto ci vale l’obolo, e se l’attico, il macedonico, o l’eginese; e senza pensare che saria molto meglio a non portar nolo, chè così non ricevuti dal barcaiuolo, sarian rimandati alla vita.
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