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      Dipoi lavano i cadaveri, come se la palude non bastasse per bagno a quei di laggiù, li ungono con bellissimi unguenti perchè già putono forte, li coronano dei fiori della stagione, e li espongono vestiti di splendide vesti, acciocchè non sentan freddo per via, e non si presentino nudi innanzi a Cerbero. Intanto in ogni parte lamenti e strida di donne, e piangere, e picchiare di petti, e strappar di capelli, e graffiar di gote: chi si lacera le vesti, chi si sparge la cenere sul capo, e i vivi si conciano peggio dei morti. E mentre si voltolano per terra, e battono la testa sul pavimento, il morto tutto parato, bello, coronato di fiori, sta alto e steso nel cataletto, come per esser menato ad una festa. Ed ecco la madre o anche il padre in mezzo ai parenti, che gettasi sul cadavere (pognamo che sia d’un giovane e bello, affinchè lo spettacolo sia più commovente) e si lascia andare alle più strane parole e sciocche, alle quali oh! che risponderia il figliuolo se avesse voce. Ohimè! figliuol mio, dice il padre con voce di pianto, e chiamandolo a nome, o figliuol mio dolcissimo, tu se’ morto, tu mi sei rapito nel fiore degli anni, e mi lasci solo e sconsolato. Tu te ne sei ito senza gustar dolcezza di nozze e di figliuoli, non esercitasti la milizia, non coltivasti i campi, non giungesti alla vecchiezza: non più spassi per te, non più amori, non più banchetti coi giovani amici tuoi. Queste ed altrettali goffaggini ei dice credendo che il figliuolo abbia ancora bisogno di queste cose, e che dopo la morte le desideri e non possa averle.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





Cerbero