(21) Ti dico tutti questi segni acciocchè tu possa riconoscere quella divina persona sì cara a Venere ed alle Grazie. Ma che dico? Se tu stessi con gli occhi chiusi, ed egli accostandosi dicesse qualcosa, aprendo quella sua bocca d’Imetto, e mandando la sua voce consueta, ti accorgeresti che egli non è come uno di noi che mangiamo i frutti della terra, ma un peregrino spirito nutrito di rugiada e di ambrosia. A costui dunque se ti avvicini, e ti affidi a lui, subito sarai retore famoso, e, come egli dice, sarai acclamato re dell’eloquenza, portato su la quadriga dell’eloquenza. Egli ti accetterà, e prima t’insegnerà quelle cose...... Ma ti parli egli stesso: chè saria ridicolo se invece di sì gran retore parlassi io, che forse sarei cattivo istrione per sì gran personaggio, e sbagliando farei cader l’eroe che rappresento. Parli dunque egli a te a questo modo, dopo che si avrà lisciato quel po’ di chioma che gli rimane, ed acconciata la bocca a quel suo grazioso e delicato sorriso, imitando la Taide della commedia, o Maltace, o una Glicera nella soavità della voce; chè il tuono troppo maschio è rozzo, e non fa per un delicato ed amabil retore. E con molta modestia ei ti dirà:
«Forsechè tu, caro, se’ venuto da me per consiglio di Apollo, che t’indicò il migliore de’ retori, come, quando Cherefonte lo dimandò, ei gli additò chi era il più savio di quel tempo? E se questo non è, e vieni alla fama, udendo tutti strasecolare delle cose nostre, e celebrarle, e stupirne, e venerarle, ben tosto conoscerai a qual uomo divino se’ venuto.
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