Tichiade. Non è questo: perchè io potrei indicarti molti uomini di senno e di non comune intelligenza, così perduti di questo vizio e così amanti della bugia, che proprio m’incresce, come essi, che son dotati di tutte le buone parti, abbiano poi un piacere matto ad ingannare se stessi ed altrui. Tu devi sapere meglio di me che quegli antichi Erodoto, e Ctesia di Cnido, e prima di essi i poeti, ed Omero stesso, illustri uomini, hanno scritto bugie, ed hanno ingannato non pure gli uomini del tempo loro, ma hanno fatto giungere sino a noi quelle bugie, come un’eredità conservata in bellissimi versi. Sovente mi fanno arrossire per essi quando contano del taglio di Urano, delle catene di Prometeo, della rivolta dei Giganti, e di tutti gli spauracchi dell’inferno; e come Giove per amore divenne toro o cigno; come una donna fu mutata in uccello, un’altra in orsa; e poi del Pegaso, e della Chimera, e delle Gorgoni, e dei Ciclopi, e d’altrettali strane e portentose favolette, buone ad acchetare i bimbi che si spauriscono della befana e del lupo. E pei poeti passi pure; ma che le città intere ed i popoli dicano bugie, come non riderne? I Cretesi non hanno rossore di additare una tomba di Giove; gli Ateniesi dicono che Erittonio sbucò della terra, e che i primi uomini sbocciarono dalle zolle dell’Attica, come civaie; e con maggiore gravità i Tebani contano che seminati i denti d’un serpente ne germinarono gli uomini. E chi non credesse che tali sciempiezze son vere, e ripensandovi un po’ credesse che solo un Corebo o un Margite può persuadersi che Trittolemo fu trasportato per aria da dragoni alati, che Pane venne d’Arcadia per combattere con gli Ateniesi a Maratona, che Oritia fu rapita da Borea, costui parrebbe loro un empio, e un insensato che non aggiusta fede a cose così chiare e vere.
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