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      Cotesto non può essere, neppure se nella pelle del lione di Nemea s’avvolgessero sedici donnole intere: ed il leone io l’ho veduto spesso zoppo per dolori, quantunque stesse dentro tutta la sua pelle. - Tu sei molto ignorante, ha ripreso Dinomaco, se hai trascurato di apprendere cotali rimedii, e in che modo s’adattano per guarire le malattie: e credo non ammetterai neppure che si taglia la febbre periodica, che s’ammansisce l’erpete, che si sanano i bubboni, e tante altre cose, che anche le vecchierelle le fanno ognidì. Or se tutte queste cose si fanno, perchè non crederai che si facciano quelle per simigliante virtù? - Adagio alle conchiusioni, o Dinomaco, ho detto io; e non cacciare, come si dice, il chiodo col chiodo. Ciò che tu dici farsi, non è dimostrato che si faccia per questa virtù. Se prima non proverai con buone ragioni poter essere naturalmente che la febbre o il tumore hanno paura d’un nome sacro o d’una parola barbarica, e che per questa paura il bubbone se ne fugge dall’anguinaia, tu non mi conterai altro che favole di vecchierelle. - E Dinomaco: Parmi a quel che dici che tu non credi neppure negli Dei, se non credi possibili le guarigioni per virtù di parole sacre. - Cotesto non dirlo, o caro mio, ho risposto: perchè niente ripugna che gli Dei esistano, e che queste cose sieno false. Io venero gli Dei, e vedo le guarigioni che operano, e i benefizi che fanno agli ammalati, risanandoli coi rimedii e con la medicina. Ed Esculapio stesso ed i suoi figliuoli curavano gli ammalati con farmaci benigni, non legandoli con lioni e con donnole.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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