Altro che Esculapio, ha detto Jono: vi conterò io un fatto maraviglioso. Io ero ancor garzonetto forse d’un quattordici anni: uno venne a dire a mio padre che Mida il nostro vignaiuolo, servo robusto e laborioso, in su l’ora che v’è più folla in piazza, era stato morso da una vipera, e che giaceva a terra con una gamba già cancrenata. Legando egli i tralci intorno ai pali, la serpe gli si avvicina, lo morde nel dito grosso del piede, e subito si rimbuca: e quel poveretto mandava alte grida, e moriva di spasimi. Dopo questa novella, ecco vediamo proprio Mida portato da’ suoi conservi sovra un lettuccio, tutto enfiato e livido, e pareva cancrenato, e respirava appena. Essendone mio padre afflitto, un amico lì presente a caso: Rassicurati, dissegli, anderò io per un Babilonese di quelli detti Caldei, il quale te lo risanerà subito. Per non farvela lunga, venne il Babilonese, e risuscitò Mida, cacciandogli con un incantesimo tutto il veleno dal corpo, e applicandogli al piede una pietra rotta da una colonna del sepolcro d’una vergine. E questo è niente. Mida stesso alzò di terra il letto su cui l’avevano portato, e se ne tornò nei campi: tanta potenza ebbe quell’incantesimo e la pietra di quella colonna. Egli fece ancora altre cose veramente prodigiose. Una mattina uscì in una campagna, e pronunziando sette parole che erano in un suo libraccio vecchio, purificata prima quella regione con zolfo ed una face, e giratala per tre volte, fece uscire quanti rettili erano in quei dintorni.
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