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      Venivano come tirati da quell’incantesimo moltissimi serpenti, e aspidi, e vipere, e ceraste, ed aconzie, e botte, e rospi. Rimaneva un solo dragone antico, che per la vecchiaia non potendo trascinarsi, non aveva ubbidito al comando. Il mago disse che non erano tutti presenti, e scelto il più giovane serpentello, lo mandò ambasciatore al dragone, che indi a poco anch’esso venne. Come furono tutti raccolti, il Babilonese soffiò sovr’essi, e a quel soffio tutti diventarono cenere, e noi attoniti per lo stupore.
      Ed io: Dimmi, o Jono, quel serpentello ambasciatore menava per mano quel vecchione di drago, o questo ci venne appoggiato ad un bastone?
      Tu, motteggi, disse Cleodemo; io ero più incredulo di te su queste cose una volta, e mi pareva che per nessun modo vi si potesse credere; ma da che ebbi veduto volare un forestiero, un barbaro, che si diceva del paese degl’Iperborei, io ci credetti, e dopo lunga resistenza mi resi. E che altro potevo fare vedendolo in chiaro giorno volare per l’aria, camminare su l’acqua, passare per mezzo al fuoco lentamente, come se andasse a spasso?
      Tu, ripresi io, tu hai veduto l’Iperboreo volare, e camminare su l’acqua?
      Io sì, rispose: anzi aveva gli zoccoli, come li usano colà. Oh, ma queste cose son niente: ei faceva altro, ispirava amore, evocava gli spiriti, risuscitava le persone morte da più tempo, tirava su Ecate dall’inferno, faceva scender la Luna in terra. Io vi voglio contare ciò che gli vidi fare in casa di Glaucia figliuolo di Alessicleo.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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