Ed ora, disse Dinomaco, tu lo sapresti anche fare, mutare in uomo un pestello?
So certamente, ei rispose, ma a mezzo; chè non saprei poi tornarlo come era: e una volta mandato per acqua allagherebbe la casa.
Non finirete, diss’io, questi discorsi vani, e siete uomini vecchi? Se non per altro, almeno per rispetto di questi fanciulli, serbate ad altro tempo il racconto di tali stranezze e paure, affinchè non s’empiano la testa di terrori e di sciocche favole. Bisogna avere un po’ di riguardo ai giovani, e non avvezzarli a udire siffatte cose, le quali poi rimangono loro fitte nella mente, e li rendono paurosi d’ogni rumore e pieni di superstizioni.
Oh, a proposito di superstizioni, riprese Eucrate, tu mi fai ricordar d’una cosa. E di questo che te ne pare, o Tichiade, dico degli oracoli, delle profezie, dei responsi divini, dati da alcuni ispirati, o che si odono uscire dai profondi penetrali, o che la vergine sacerdotessa dice in versi profetando l’avvenire? Neppure a questi crederai? Io non ti voglio dire che io ho un anello sacro con un Apollo Pitio inciso su la pietra, e che questo Apollo mi parla, per non parere di vantarmi di cose incredibili: ma ciò che ho udito nel tempio d’Anfiloco nella Malea, dove quel semidio in una visione parlò meco e mi diede certi consigli, ciò che ho veduto io stesso, ben voglio contarvelo a tutti: e poi vi dirò quali cose vidi in Pergamo, e quali mi furono contate in Patara. Quando io tornavo d’Egitto in patria, udendo che quest’oracolo della Malea era famosissimo e veracissimo, e che rispondeva in chiare parole alle dimande scritte in una polizza e consegnate al profeta, io pensai di provare l’oracolo, e consultare il dio su l’avvenire.
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