Tra gl’Indiani Maclei, che su la sponda sinistra dell’Indo, se lo guardi con la corrente, pascolando si stendono sino all’oceano; nel loro paese è un bosco chiuso, non di molta estensione, ma fitto, chè molta edera e viti vi fanno densa ombra. Quivi sono tre fonti di acqua bellissima e limpidissima, una detta del Satiro, un’altra di Pane, ed un’altra di Sileno. V’entrano gl’Indiani una volta l’anno, alla festa del Dio, e bevono alle fontane, non tutti a tutte, ma secondo l’età, i garzoni alla fontana del Satiro, a quella di Pane gli uomini, e a quella di Sileno quei che hanno l’età mia. Quel che avviene ai giovani poi che hanno bevuto, e l’ardire che acquistano gli uomini compresi da Pane, saria lungo a dire: ma quel che fanno i vecchi, quando bevono di quell’acqua, è il caso nostro. Come il vecchio ha bevuto ed è preso da Sileno, per molto tempo rimane muto, come imbalordito ed ubbriaco; poi a un tratto la voce gli diventa chiara, il suono acuto, lo spirito canoro, la mutezza gli si cambia in parlantina; e neppure a turargli la bocca puoi far che ei non parli, e non isciorini lunghe dicerie; ma le sue parole sono tutte sennate, ed ornate, ed escono come quelle dell’oratore d’Omero, simili a neve invernale. Nè basta che li paragoni ai cigni per la loro età, ma a guisa delle cicale fanno un dire continuo e seguíto fino alla sera tardi. Allora, cessata in essi l’ubriachezza, tacciono, e tornano come prima. Ma il più nuovo non ve l’ho detto ancora. Se il vecchio rimane a mezzo il discorso che ei faceva, perchè il tramonto del sole gl’impedisce di condurlo a fine, l’anno appresso ribeendo rappicca il discorso a quel punto dove l’anno innanzi l’ebrezza gli era mancata.
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