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      Ma la cosa che mi parve più strana di tutte, ve la voglio anche dire. Il pittore non avendo dove attaccare gli altri capi delle catenuzze, perchè nella mano destra il dio tiene la clava, e nella sinistra l’arco, gli forò la lingua in punta, e così dipinse che ei li tira, e volge ad essi la faccia, e sorride. Questo quadro io stetti un pezzo a riguardare tra la maraviglia, l’incertezza, e il dispetto. Ma un Celta lì presente, e delle nostre lettere non ignorante, come dimostrò parlando bene il greco, forse un filosofo di quei paesi: Io, disse, o forestiere, ti scioglierò l’enigma di questa pittura, chè mi sembri molto impacciato per essa. Il parlare noi altri Celti non crediamo, come fate voi Greci, che sia Mercurio, ma lo rassomigliamo ad Ercole, perchè questi è molto più forte di Mercurio. E se qui è rappresentato vecchio, non ti sia maraviglia; perchè soltanto il parlare mostra in vecchiezza la sua piena forza e maturità, se dicono vero i vostri poeti, che
      La mente dei garzoni è sempre in aria;
      ma il vecchioSa dire qualche cosa più sennata
      Che i giovani non sanno.
      Così ancora dalla lingua del vostro Nestore scorre il mele; e gli oratori dei Troiani mandan la gigliata voce, che vuol dire fiorita, chè gigli, se ben mi ricorda, voi dite ad una specie di fiori. Onde se questo vecchio Ercole, che è il parlare, tira con la lingua gli uomini legati per le orecchie, neppure te ne dèi maravigliare, sapendo la parentela che v’è tra le orecchie e la lingua. Nè questa gli è stata traforata per fargli ingiuria.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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