Chè io mi rammento, diceva egli, anche di certi giambi di una commedia, che udii tra voi.
I chiacchieroni tutti
Hanno in punta la lingua traforata.
Insomma noi crediamo che questo Ercole abbia fatto ogni cosa col parlare, essendo egli un sapiente, ed abbia vinto tutto con la persuasione. E le sue saette sono le parole, acute, dirette, veloci, che feriscono l’anima: infatti anche voi dite che le parole sono alate.
Così il Celta. Ed io quando sul venire qui ripensava tra me se mi stesse bene, in questa età che sono e avendo da un pezzo dismesse queste declamazioni, di nuovo cimentarmi innanzi a tanti giudici, opportunamente mi venne ricordato di quella immagine. Chè fino allora avevo temuto non paresse ad alcuno di voi che io fo cose convenienti ai giovanotti, e in vecchiaia torno alle fanciullerie: e poi qualche omerico giovane non mi sgridasse, dicendomi quei versi:
La tua forza è disfatta,
La molesta vecchiezza già ti ha colto,
Fiacco è l’auriga, e i corridor son lenti.
chiamando così i piedi per celia. Ma quando ripenso a quel vecchio Ercole, mi spingo a fare ogni cosa, e non mi vergogno che ardisco tanto, benchè io abbia gli anni di quella figura. Onde e forza, e sveltezza, e bellezza, e quanti altri beni ha il corpo, vadano pur via; ed il tuo Amore, o poeta di Tejo, Me veggendo incanutito, con quell’ali orolucenti, Via com’aquila sen voli, come gli pare, chè io non me ne curo più. Ma il parlare vorrei che ora specialmente mi ringiovanisse, fiorisse, invigorisse, e tirasse per le orecchie quanti più è possibile, e scagliasse frequenti le sue saette, non essendovi timore affatto che mi resti vuota la faretra.
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