Ecco come io mi conforto nell’età e nella vecchiezza in cui sono. E per questa cagione ho ardito di ripingere in mare la mia barchetta, che già da tempo era tirata in terra; e rifornitala alla meglio, mi sono rimesso in mezzo al pelago. Deh, spirate propizi, o Dei; chè ora specialmente abbiam bisogno di buon vento che ci favorisca e gonfi la vela; acciocchè, se mai ne parremo degni, taluno dica anche a noi quel verso d’Omero:
Oh! quai fianchi tra i cenci mostra il vecchio! (32)
LV.
DELL’AMBRA,
ODEI CIGNI.
Certamente anche voi credeste alla favola, che l’ambra stilla da alcuni pioppi che sul fiume Eridano piangono Fetonte, e che quei pioppi erano sorelle di Fetonte, le quali, per il gran lagrimare sul giovanetto furono mutate poi in quegli alberi, donde ancora goccia il loro pianto, che è l’ambra. Veramente anch’io udendo contar queste cose dai poeti, speravo, se mai capitassi su l’Eridano, di andare sotto uno dei pioppi, ed aprendo il seno della veste raccogliere poche lagrime, e così aver l’ambra, Finalmente non ha guari, ma per un’altra faccenda, capitai in quella contrada, e risalendo in barca l’Eridano, non ci vedevo pioppi, per guardare che io facessi d’ogn’intorno, nè ambra; anzi neppure il nome di Fetonte sapevano quei paesani. Infatti io mi volli informare, e dimandai: Quando verremo a quei pioppi che danno l’ambra? Mi risero in faccia i barcaiuoli, e risposero dicessi più chiaro ciò che volevo. Ed io contai loro la favola, come Fetonte era un figliuolo del Sole, e fattosi grandicello chiese al padre di guidare il carro, per fare anch’egli una sola giornata: il padre glielo diede; ma ei ribaltò e morì; e le sorelle sue piangenti in qualche luogo di questi, dicevo io, perchè ei cadde sull’Eridano, diventarono pioppi, e piangono l’ambra sovra di lui.
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