Eppure non è maraviglia se questo interviene a te, che sei uno sciocco ignorante, e cammini pettoruto, imitando l’andare, il portamento e il guardo di colui cui volevi rassomigliare; quando dicesi che anche Pirro epirota, uomo per tutt’altro mirabile, in questa faccenda del rassomigliare fu così infatuato dagli adulatori, che ei si teneva di rassomigliare ad Alessandro. C’erano due ottave di mezzo, come dicono i musici; chè io ho veduto il ritratto di Pirro; eppure egli si credeva un Alessandro sputato. Ma in questa cosa io ho oltraggiato Pirro, paragonandolo a te: quel che viene appresso fa meglio al caso tuo. Essendosi dunque Pirro fitto in testa questa opinione di sè, non c’era nessuno che non pensasse e non credesse anche così; finchè in Larissa una vecchia forestiera dicendogli la verità, gli cavò del capo quella pazzia. Chè Pirro le mostrava i ritratti di Filippo, di Perdicca, di Alessandro, di Cassandro, e di altri re, e le dimandava a quale ei rassomigliasse, certissimo che ella verrebbe ad Alessandro; ma ella stata alquanto sopra di sè, risposegli: A Ranocchino il cuoco. E c’era veramente in Larissa un cuoco, a nome Ranocchino, che rassomigliava a Pirro. Io non dirò a quale dei bagascioni che stanno alle voglie dei pantomimi tu rassomigli: ma so bene che a tutti sembra che tu anche ora vai matto di quella somiglianza. Non è dunque a maravigliare, se tu essendo un intendente così sciocco di ritratti, vuoi pigliare anche l’aria degli uomini dotti, e presti fede a chi te lo dice e te ne loda.
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