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      Ma che ciance vo io dicendo? Chiara è la cagione di questa cura che tu hai pe’ libri, ed io per isciocchezza non la capivo. L’hai pensata da savio, come tu credi, e ci hai fondate grandi speranze, se viene a saper questo l’imperatore, che è un uomo savio ed ha in gran pregio la dottrina. Se egli viene a saper questo di te, che tu comperi libri e ne fai una grande collezione, tu ti tieni già intimo suo. O pezzo di bagascione, e credi che ei sia tanto addormentato da udir questo, e non saper le altre cose di te, che vita è la tua vita cotidiana, che cene fai, che notti passi, e con chi e quanti ti corchi? E non sai che i re hanno molte orecchie e molti occhi? I fatti tuoi sono così conosciuti, che anche i ciechi ed i sordi li sanno: chè se tu parlassi soltanto, se tu ti spogliassi, anche dopo di esserti lavato, anzi non tu, se vuoi, ma se si spogliassero i servi tuoi, che credi? che non sarebbero subito manifeste tutte le tue notturne nefandezze! Dimmi un po’: se Basso, il vostro gran dottore, o Batalo il flautista, o il bardassa Semideo il Sibarita, che vi scrisse quelle leggi mirabili, come si deve andare in fregola, e pelarsi, e patire, ed agire; se uno di costoro andasse con la pelle del leone indosso e la clava in mano, chi credi tu che ei parrebbe a chi lo vedesse? forse un Ercole? No, neppure ai mucini che stanno con gli occhi chiusi: chè a mille segni lo riconosci, all’andatura, alla guardatura, alla voce, al collo piegato alla banda, alla biacca, alle pasticche, al rossetto con che vi fate belli: e insomma, come dice il proverbio, piuttosto puoi nascondere cinque elefanti sotto un’ascella, che un sol bagascione.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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