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      Apelle poi ricordando di qual pericolo era scampato, con questa dipintura fe’ vendetta della dinunzia.
      Nella destra parte del quadro siede un uomo che ha le orecchie grandissime, simili a quelle di Mida, e stende la mano alla Dinunzia, che ancora lontana si avanza: vicino a lui stanno due donne, l’Ignoranza, credo, e la Sospicione. Dall’altra parte viene innanzi la Dinunzia, donnetta oltremisura bella, ma infocata in volto ed agitata, che pare piena di rabbia e di furore, tenendo nella mano sinistra una face accesa, e con l’altra strascinando pei capelli un giovanetto, che tende le mani al cielo e chiama in testimoni gli Dei. Innanzi a lei va una donna gialla, deforme, d’acuta vista, e magra come per lunga malattia; che ognuno riconosce essere l’Invidia. E due altre donne seguono, spingono, affiancano, adornano la Dinunzia; e, come mi spiegò chi mi mostrava il quadro, l’una era l’Insidia e l’altra la Frode. Dietro seguiva un uomo dolente nell’aspetto, in veste nera e lacera, il quale chiamasi il Pentimento, e si volgeva indietro piangendo, e con molta vergogna riguardava la Verità, che veniva all’ultimo. Così Apelle figurò il proprio caso in pittura.
      Ora anche noi, se vi pare, secondo l’artifizio del dipintore di Efeso, ragioniamo della Dinunzia, prima con un certo contorno designandola; chè così la sua figura ci parrà più spiccata. È dunque la Dinunzia un’accusa contro un assente, ignota all’accusato, creduta sopra informazione d’una sola parte senza contradittorio. E questo è il soggetto del mio ragionamento.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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