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      Onde si può conchiudere che contro il giusto, contro la legge, contro il giuramento giudiziale si fanno le dinunzie. E se a taluno non basta l’autorità de’ legislatori, i quali vogliono che così si facciano i giudizi giusti ed imparziali, io recherò in mezzo quella d’un gran poeta, il quale dichiara la stessa cosa, anzi la pone come legge; e dice:
      Non sentenziar sentenza, se non odi
      prima parlare tutte e due le parti.(49)
      Sapeva anch’egli, credo, che tra le tante ingiustizie che sono nel mondo, non se ne potrebbe trovare una più brutta e più ingiusta, di condannare uno senza conoscerne le ragioni, e senza farlo parlare: e questo appunto sforzasi di fare il dinunziante, il quale espone il dinunziato allo sdegno di chi ascolta, senza farlo giudicare, e col segreto dell’accusa gli toglie la difesa. Tutti gli uomini di questa risma ingenerosi e codardi, non vengono mai allo scoperto, ma come imboscati saettano da luogo coperto, per modo che non puoi schierarti e combattere, ma ci sei ammazzato sprovveduto e nuovo di questa guerra. Il che è un grandissimo indizio che i dinunzianti non dicono mai il vero: perchè se uno ha coscienza che egli accusa del vero, credo che egli accusa all’aperto, ed esamina, discute, ragiona: come nessuno mai che può vincere scopertamente, usa di agguati e d’inganni contro i nemici.
      Cosiffatti uomini si vedono specialmente nei palagi dei re, nelle corti dei principi e dei signori, dove è molta invidia, infiniti sospetti, e moltissimi argomenti agli adulatori ed ai calunniatori.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448