E se uno ne sorrideva, o non si mostrava molto riverente, v’era pena la morte. Profittando gli adulatori di questa giovanile passione d’Alessandro, tosto accesero più il fuoco, e mantacarono, raccontando sogni e certe apparizioni di Efestione, attribuendogli guarigioni, spacciandone oracoli: e infine gli offerivano sacrifizi come a un dio che ci assiste e ci libera dalle malattie. Alessandro si compiaceva a udire queste cose, e infine le credette, e si gonfiò che non pure era egli figliuolo d’un dio, ma poteva anche creare altri dei. Immaginiamo ora quanti degli amici di Alessandro in quel tempo ebbero guai per la divinità di Efestione, denunziati che non onoravano il comune iddio, e però scacciati e privati della grazia del re! Allora anche Agatocle di Samo, uno de’ capitanì d’Alessandro, e pregiato da lui, poco mancò che non fu gettato ai leoni, per essere stato dinunziato che aveva pianto nel passare innanzi il sepolcro di Efestione. Ma si dice che lo aiutò Perdicca, il quale giurò per tutti gli Dei e per Efestione, che essendo egli a caccia, gli era apparito chiaramente il dio, e gli aveva imposto di dire ad Alessandro che perdonasse ad Agatocle; il quale non come incredulo, nè come sopra un morto aveva pianto, ma ricordandosi della loro antica dimestichezza. L’adulazione adunque e la calunnia allora specialmente ebbero luogo appo Alessandro, quando si accomodarono al suo umore.
Come in un assedio i nemici non s’avvicinano dove il muro è alto, dirupato, munito, ma dove s’accorgono che v’è qualche parte indifesa, fiacca, o bassa, lì con ogni sforzo assaltano per potere più facilmente cacciarsi dentro e prendere la città; così i dinunzianti dove vedono che l’animo è debole e fiacco, e facile a superarsi, quivi assaltano, e spingono le loro macchine, e infine l’espugnano, senza contrasto alcuno, senza che neppure si senta l’assalto.
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