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      E poi gli Attici con l’andare del tempo avendo scartate molte parole dalla lingua loro, ritennero tra le altre specialmente questa, che sempre da tutti loro è ripetuta. Ed io ti citerei quelli che l’usarono prima di noi, se non sapessi di confonderti allegandoti nomi di poeti, di oratori e di storici a te sconosciuti e strani: anzi neppur io ti nominerò quelli che ora l’usano, perchè tutti li sanno.(54) Ma tu se mi additi uno degli antichi che non usò di questa parola, meriti una statua d’oro in Olimpia. Eppure un vecchio, un attempato che ignora questo, mi pare che non sappia che Atene è una città dell’Attica, Corinto è sull’istmo, e Sparta nel Peloponneso. Ti resta a dire un’altra cosa, che tu conoscevi la parola, ma ne biasimasti l’uso inopportuno. Via, su di questo voglio anche rispondere, e dartene le ragioni: tu stammi attento, se pure non ti curi poco di sapere qualcosa. Gli antichi nostri spesso per simil modo motteggiavano i pari tuoi (chè anche allora ci dovevano essere alcuni di vituperosi costumi, e di sporca e malvagia vita), ed uno chiamarono Coturno, per la sua indole simile a quel calzare che s’accomoda a tutti e due i piedi; un altro il Fistolo, perchè era un orator tumultuoso che metteva sossopra il parlamento; un altro il Settimo, perchè come i fanciulli nel settimo giorno(55) festeggiano, così egli nei parlamenti scherzava, rideva, e volgeva in celia l’attenzione del popolo. E non vuoi concedere anche a me, per Adone, che io paragoni un ribaldissimo uomo cresciuto fra tutti i vizi, ad un giorno infelice e scellerato?


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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