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      Ed ora retore e sofista! Onde se essi udiranno questo di te, crederanno, come dice la tragedia, Doppio il sole vedere, e doppia Tebe, e tosto tutti diranno: questi è colui? e dopo tutto quello? Sicchè tu prudentemente non ci vai affatto, nè ti avvicini mai a loro, ma fuggi volontariamente la patria, che non è trista per freddo nè penosa per caldo,(56) ma bellissima e grandissima fra tutte le città fenicie: perchè quell’essere rinfacciato, quel dover conversare con chi ti conosce, e ricorda tutto il passato, è un vero laccio che t’impicca. Ma che ciance io dico? Di chi tu avresti vergogna? qual turpitudine ti farebbe arrossire? So che ci hai ancora possessioni grandi, una misera torricella in paragon della quale la botte di Diogene saria la reggia di Giove. E però i paesani tuoi non si discrederanno mai, che tu non sei la più sozza delle sozzure, e uno smacco per tutta la città.
      Ma forse altri in Siria troverai che ti crederanno, se dirai che nessuna malvagità, nessuna colpa si può apporre alla tua vita. Oh, altro! Antiochia vide quel tale fatto, quando tu con quel giovanetto che veniva di Tarso appartandoti.... Oh forse è vergogna per me anche scoprir queste cose. Ma le sanno e le ricordano quelli che vi colsero sul fatto, e videro te con un ginocchio a terra, e colui, ti dei pur ricordare se non sei del tutto smemorato, che ti faceva in bocca. Forse in Egitto non ti conoscono, dove, dopo le mirabili prove che facesti in Siria, ti accolsero fuggito pel fatto che ho detto, e perseguitato dai rigattieri, da cui avevi comperate ricche vesti per francarti le spese del viaggio.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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