I gentili Ateniesi senza gergo, ma aggiungendo una lettera innanzi al tuo nome, ti chiamano Atimarco, cioè gran disonorato; e tu dovevi averla qualcosa di più dell’antico Timarco.(59) - In Italia poi, cappita! avesti un soprannome eroico, il Ciclope, quando volesti oscenamente rappresentare quell’antica favola di Omero. Tu giacevi ubbriaco tenendo in mano una tazza, allupato Polifemo; e un giovanastro pagato, avendo il palo ritto e bene acuto, era l’Ulisse che ti assaliva per cavarti l’occhio;
Ma lo sfalliva, deviò la lancia,
E la punta ficcossi sopra il mento.
(quando si parla di te sta bene ogni freddura). E tu Ciclope con la bocca aperta, anzi spalancata, te la facevi cecare: anzi come Cariddi avresti voluto con tutti i marinai, i timoni, e gli alberi inghiottirti Nessuno. E questo fatto fu veduto da altri, che v’erano presenti: e tu poi la mattina appresso non trovasti altra scusa che l’ubbriachezza ed il vino. Ora tu ricco di tali e tanti nomi, ti vergogni di questo infausto? Deh per gli Dei, dimmi che ti senti quando la gente ti dice che sei Lesbio e Fenicio?(60) Non lo capisci questo, come non capivi infausto, e credi che ti lodano? e pure lo sai, per esserci usato, e il solo infausto, come nuovo, dispregi, e scancelli dal catalogo de’ tuoi soprannomi? E però non pure da noi altri sei scardassato ben bene, ma celebrato finanche nei quartieri delle donne. Infatti quando testè in Cizico ardisti di chiedere una in moglie, la valente donna informata bene de’ fatti tuoi, rispose: Non voglio un uomo che ha bisogno dell’uomo.
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