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Avrei molte cose ancora a dire, ma te le passo; ed aggiungo una sola. Fa’ tutto quello che ti pare, sèguita pure ad oltraggiar bruttamente te stesso; ma quella cosa, non farla più; via, no, perchè non è permesso affatto invitare alla stessa mensa quelli che trattano queste brutte cose, e bere con essi la tazza dell’amicizia, e stendere le mani agli stessi cibi. E neppure quell’altra cosa, dopo i discorsi i baci, e specialmente a quelli che poco innanzi ti hanno renduta infausta la bocca. E giacchè siamo venuti pure ad avvertimenti amichevoli, smetti di ungerti d’unguento i capelli bianchi, e di pelarti sole quelle parti. Se lo fai per malattia, bisogna curar tutto il corpo: se non ci sei ammalato, che vuol dire farti lisce e monde quelle parti che non è lecito vedere? Non hai altro di savio che la canizie, e i peli che non sono più neri, i quali velano la tua sozzura. E per Giove, risparmiali almeno per questo riguardo, specialmente quelli della barba; non isporcarla più, non oltraggiarla o almeno, fallo di notte e al buio, chè di giorno è cosa proprio salvatica e bestiale.
Vedi come era meglio per te non stuzzicare i calabroni, e non ridere d’un infausto, che ti renderà infausta tutta la vita? Ne vuoi più? il sacco, non l’ho votato ancora. Non sai tu che io non pure un sacco ma una carretta potrei scaricartene addosso? e dovresti, o mozzorecchi avvolpacchiato, dovresti tremare, se un uomo che ha i peli in faccia, e, come dicevano gli antichi, le natiche nere pur ti guarda in cagnesco.
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Giove
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