Forse riderai ancora di mozzorecchi e d’avvolpacchiato, come di parole enimmatiche, e non conosci i nomi dell’arte tua. Onde vedi pure di appuntare anche queste, se non ti basta la misura tripla e quadrupla che hai avuta per infausto. La colpa sarà tutta tua: chè, come soleva dire il bravo Euripide, lingua sfrenata, sciocchezza e scelleratezza finiscono male.
LX.
DI UNA SALA.
Dunque Alessandro volle bagnarsi nel Cidno, vedendone la bell’acqua chiara, di sicuro fondo, di corrente dolce, piacevole a nuotarvi, e fresca nella state, sicchè se anche avesse saputo di doverne ammalare, come ne ammalò, cred’io che non si sarebbe tenuto dal bagnarvisi: ed uno vedendo una sala grandissima, bellissima, allegra di luce, splendente d’oro, e rifiorita di pitture, non gli viene voglia di recitarvi sue dicerie, se questo è il suo mestiere, di esservi lodato, illustrato, riempiuto d’applausi, e divenire quanto è possibile anch’egli una parte di quella bellezza; ma dopo di averla osservata attentamente ed ammirata soltanto, uno se ne va lasciandola vuota e sorda, e senza dirvi nulla, senza tenervi ragionamento, come se fosse mutolo, o per invidia risoluto di tacere? In fede mia, questo non è di persona gentile ed amante del bello, ma di villana, e mancante di buon gusto, ed anche sciocca, tenersi indegno di cose piacevolissime, mostrarsi estranio a cose bellissime, e non comprendere che in modo ben diverso le persone colte e le ignoranti riguardano uno spettacolo. A queste basta pure il vedere, riguardare, girare gli occhi intorno, levarli alla soffitta, dimenar la mano, e dilettarsi in silenzio per timore di non poter dire parole degne della veduta: ma l’uomo colto che si fa a riguardare una cosa bella, non si contenterà, credo, di prenderne diletto solo con gli occhi, nè rimanersi muto spettatore della bellezza, ma cercherà secondo suo potere di trattenersi a considerarla, e rimunerarla di parole.
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Euripide Alessandro Cidno
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