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      Ma una certa altra Diceria, non ignobile anzi nobilissima come ella si vanta, mentre io parlava picchiavami dentro, e voleva rompermi le parole; e poi che ho finito, ella dice che io non ho detto il vero; e si meraviglia come io abbia potuto affermare che sia più acconcia ai saggi d’eloquenza una sala bella ed ornata di pitture e dorature; quando che appunto avviene il contrario. Or, se vi pare, venga innanzi questa Diceria, ed a voi conti le sue ragioni, come a giudici; giacchè ella stima che sia più utile al dicitore una povera sala e rozza. Udiste già quello che ho detto io, e non debbo ripeterlo: venga ella ora e parli, chè io tacerò, e per poco le cederò il luogo. Adunque la Diceria dice così:
      L’oratore che testè parlava, o giudici, ha detto molte e grandi lodi di questa sala, e l’ha magnificata col suo discorso ed io tanto sono lontano dal biasimarla, che credo anzi di dovere aggiungere alcune cose da lui tralasciate; perchè di quanto essa vi parrà più bella, di tanto più contraria al bisogno di chi parla sarà dimostrata. E primamente giacchè egli ha fatto menzione di donne, acconciature, e dorerie, permettete che usi anch’io di questa immagine. Io dico adunque che anche le donne belle non sono illeggiadrite ma sfavorite dai molti ornamenti, perchè chi si abbatte a rimirarle, colpito dall’oro e dalle pietre preziose, invece di lodare il colorito, o la guardatura, o il collo, o il braccio, o il dito, non bada a questo, e guarda l’agata, o lo smeraldo, o la collana, o il braccialetto, per modo che ella deve spiacersi di non essere guardata ella a cagione degli adornamenti, perchè la gente non ha tempo di lodarla, e solo per un di più attende a lei.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Terzo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1862 pagine 448

   





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