lete, vi allegherò per testimone un savio uomo, il quale subito mi attesterà che le cose vedute sono più potenti delle udite. Tu, o banditore, chiama Erodoto figliuolo di Lisso, d’Alicarnasso. Ecco, il testimone ha udito, e si è presentato. Concedetegli che ei vi parli in Giono, come è sua usanza: - Vere cose, o giudici, vi narra questa istoria, e credete che di quante essa ne racconta preferisce le vedute alle udite; perocchè meno delle orecchie ingannano gli occhi: Udite il testimone che dice? come dà il primato alla veduta? Ed a ragione: chè le parole sono alate, e come escono, se ne passano e volano via; ma il diletto della veduta, rimanendo sempre e durando, attira interamente lo spettatore. Come dunque non sarà pericolosa avversaria al dicitore una sala sì bella e sì vistosa? Ma il forte non l’ho detto ancora. Voi stessi, o giudici, mentre noi parlavamo, guardavate nella soffitta, ammiravate le pareti, osservandone le pitture ad una ad una. Nè avete a vergognarvi: è cosa cotesta che avverrebbe a tutti gli uomini, e specialmente per questi subbietti sì belli e sì varii. Arte così fine, antiche istorie così utili, sono veramente attrattive, e vogliono esser mirate da colte persone. Ed affinchè non riguardiate sempre lì, dimenticando di noi, su via, ve le descriverò, come posso, con le parole: chè vi diletterete, credo, udendo le cose che ora pur vedendo ammirate. E forse per questa cagione a me darete lode, e vittoria su l’avversario, chè ve le spiego e ve ne addoppio il diletto.
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