Nè se’ tu solo che fai così, nè contro me solo, ma molti ed altri strapazzano i versi del mio compagno Omero, volendoci vedere proprio il sottil del sottile. Ma per farmi più dappresso all’accusa, e ribatterla con dirittissima difesa, leggi tu le Opere mie ed i Giorni, e vedrai quanti pronostichi e profezie in quel poema ho fatto, presagendo la buona riuscita delle opere che si fanno bene ed a tempo, ed il danno di quelle che si trascurano. E quel verso:
In una cesta porterai, e pochi
Ti mireranno dei vicini,
e altrove tutti quei beni che verranno a chi ben coltiva, si deve tenere come una predizione utilissima al mondo.
Licino. Questa sì, o ammirabile Esiodo, l’hai detta proprio da pecoraio; e pare che sia vero che le Muse t’imboccavano, se da te non sai difendere i tuoi versi. Noi non aspettavamo da te e dalle muse cotesta divinazione: chè in tali faccende sono più indovini di voi gli agricoltori, e indovinano benissimo, per esempio, che se Dio manda la pioggia, i covoni saranno pieni; se viene la state, e la terra è secca, è impossibile che non venga la fame dopo quel secco: che nel mezzo della state non bisogna arare, e non fa utile, perchè si sperderebbero le sementi; nè mietere la spiga quando è verde, se no si trova vuota di frutto. Nè ci è bisogno di divinazione per sapere che se non ricopri la sementa, se il garzone con la zappa non vi mette la terra sopra, verranno gli uccelli e si beccheranno tutta la speranza della messe. In queste tali cose a dar precetti e consigli non si sbaglia; ma questo pare a me sia tutt’altro che pronosticare.
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